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JUZU
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Juzu personale di Nichiren Shōnin
conservato al Tempio Ikegami Honmonji, Tokyo
Il juzu della Nichiren Shū ha cento otto grani in un anello con cinque nappe, tre su un lato e due sull'altro. Oltre ai cento otto grani, ve ne sono altri speciali. Due grani più grandi rappresentano il Buddha Śākamuni e il Buddha Tahō. Quattro grani più piccoli nell'anello principale rappresentano i quattro Bodhisattva della terra. Il juzu rappresenta anche la persona. Le nappe rappresentano la nostra testa, braccia e gambe. Questo ci ricorda i cento otto desideri o afflizioni che ci ottenebrano. Sono chiamati anche “grani del pensiero” perché sono impiegati per ricordare il numero di volte che una persona ha letto, recitato o riflettuto sul Sūtra. Esistono diversi stili di juzu nella Nichiren Shū e variano nelle nappe. Il primo è usato dai seguaci laici e ha cinque nappe con piccole sfere alla fine di ciascuna. Il secondo è usato dai sacerdoti e ha merletti con ciuffi sulle piccole sfere alle estremità. Il terzo ha nappe come il primo, ma sono più lunghi. Il terzo stile è usato dai sacerdoti che eseguono benedizioni speciali, chiamate benedizioni di Kitō.
L'origine del juzu è attribuita alla seguente storia del Buddha. Il Re di Vaiśālī, che regnava in un piccolo paese in India durante la vita del Buddha, Gli fece visita per ricevere consiglio. Spiegò che il suo paese era piccolo e quindi veniva preso d'assalto dai banditi impunemente, le epidemie dilagavano e i cittadini non avevano né pace né sicurezza. Chiese che il Buddha gli facesse dono di un insegnamento che lui e gli abitanti del suo regno potessero praticare per alleviare i problemi. Il Buddha rispose: “Fai una corda con 108 bacche dell'albero del sapone, portalo sempre con te, e con esso conta ogni volta che reciti il nome del Buddha. Quando lo hai recitato 200.000 volte, sperimenterai tranquillità del corpo e della mente, armonia con l'ambiente, pace nella nazione, e felicità nella tua casa. Quando l'avrai recitato un milione di volte, avrai reciso le 108 passioni che sono inerenti a ogni essere vivente.” Detto questo, il Buddha dette al Re un juzu. Il Re ne fece fare altri mille con le bacche dell'albero del sapone e lo distribuì tra i suoi familiari e seguaci. Da quel giorno il re portò sempre nella sua mano il juzu, e ogni qual volta pensava al nome del Buddha, il suo regno diveniva un poco più pacifico. Infine, si dice che avesse realizzato la via del Buddhismo. Dal quel momento i Buddhisti hanno portato un juzu con sé e usato per contare le proprie devozioni. Ovviamente questa non è la ragione reale per la quale si usa il juzu. Il juzu serve a ricordarci, proprio come una corda attorno al dito, che ci stiamo sforzando di vivere in accordo con l'insegnamento del Buddha.